LIVORNO PORT CENTER | Porti & dintorni. Cosa fa la portualità internazionale per reagire alla crisi. Numero 40
Livorno Port Center is an educational center with an interactive multimedia lab, a library and a vessel showroom. Il Livorno Port Center è un centro educativo-espositivo con un laboratorio multimediale interattivo, una biblioteca ed un'esposizione di navi.
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Porti & dintorni. Cosa fa la portualità internazionale per reagire alla crisi. Numero 40

18 Gen Porti & dintorni. Cosa fa la portualità internazionale per reagire alla crisi. Numero 40

Condividiamo da ShippingItaly un’anteprima sulle misure assunte nell’ultima versione del Recovery Fund nazionale in relazione al settore dei trasporti e, in particolar modo, alla portualità.

Il lento e faticoso percorso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è arrivato in fondo e il premier Giuseppe Conte ha annunciato che stasera verrà approvato dal Consiglio dei Ministri, mettendo così fine a questa prima fase preliminare del Recovery Fund (o Next Generation EU).

Il documento, che Shipping Italy ha potuto consultare integralmente, è composto da 172 pagine e, per quanto riguarda il settore dei trasporti, ricalca in larga parte l’ultima versione della scorsa settimana, fatto salvo qualche ritocco per cercare di non scontentare nessuno (soprattutto nei vari porti d’Italia). Le risorse previste ammontano complessivamente a 222,03 miliardi di euro, di cui 209,84 riguardano il Next Generation EU: 66,6 miliardi sono già impegnati in progetti in essere, 143,24 su nuovi progetti.

Come ormai noto, una delle missioni del piano è dedicata alle “Infrastrutture per una modalità sostenibile” e si suddivide in due componenti: la prima (destinataria di risorse per complessivi 28,3 miliardi) è “Alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0”, la seconda (3,68 miliardi) è definita “Intermodalità e logistica integrata”.

Quegli oltre 28 miliardi serviranno per «puntare all’alta velocità e alla velocizzazione della rete per passeggeri e merci, completare i corridoi ferroviari TEN-T, completare le tratte di valico, potenziare i nodi e le direttrici ferroviarie, colmare il gap infrastrutturale Nord -SUD per le regioni del Sud». Dentro ci sono tutti gli interventi ormai noti di sviluppo che ogni regione da anni insegue, ma figurano anche il «rinnovo locomotori rotabili e infrastrutture trasporto merci» 200 milioni di euro) che interessa da vicino gli operatori attivi sul mercato.

Nel capitolo “Intermodalità e logistica integrata”, con i suoi 3,68 miliardi, si parla ora di “Progetto integrato porti d’Italia”, ma in realtà  la sostanza non sembra essere cambiata rispetto alle ultime versioni del Piano, con Genova e Trieste che fanno il pieno di fondi pubblici e gli altri scali devono accontentarsi di quello che resta.

Per lo sviluppo del porto di Genova «è prevista la realizzazione di una nuova diga foranea che consentirà l’accesso delle navi di nuova generazione, l’adeguata protezione dei bacini interni e l’innalzamento dei livelli di sicurezza delle manovre di ingresso e di evoluzione».

Nel porto di Trieste, invece, il documento parla di «realizzazione del progetto Adriagateway di potenziamento complessivo del sistema logistico del Porto di Trieste sia con riferimento alla parte terminalistica che a quella dei collegamenti ferroviari». Sparito ogni riferimento esplicito a HHLA e alla Piattaforma Logistica di Trieste come aveva chiesto Zeno D’Agostino, presidente della locale Port Authority.

Per i porti del sud l’auspicio è che svolgano «un ruolo più rilevante nei traffici intra mediterranei, resistendo maggiormente alla concorrenza dei porti del Nord Africa. A tal fine è indispensabile valorizzare il ruolo delle Zone Economiche Speciali (ZES) vicino alle aree portuali nel Sud, con l’obiettivo di attrarre investimenti produttivi, grazie alla semplificazione amministrativa e all’applicazione di una legislazione economica agevolata».

Per gli altri scali d’Italia le linee di intervento replicano la pianificazione strategica già inserita nel piano Italia Veloce: ultimo miglio ferroviario e stradale (Porti di Venezia, Ancona, Civitavecchia, Napoli, Salerno); resilienza infrastrutture a cambiamenti climatici (Porti di Palermo, Salerno, Manfredonia, Catania e Venezia); accessibilità Marittima (porti di Vado Ligure, Civitavecchia, Taranto, Marina di Carrara, Napoli e Salerno e Brindisi); aumento capacità portuale (Porti di Ravenna, Cagliari, La Spezia, Napoli, Trapani e Venezia); efficientamento energetico e ambientale: porti dello Stretto di Messina.

Oltre a questi, ci sono poi (con apposito stanziamento di fondi) i progetti di elettrificazione delle banchine Cold ironing, essendo tutti volti alla sostenibilità ambientale.

Al “Progetto integrato porti d’Italia” vanno 2,84 miliardi, di cui 1,662 miliardi per “Porti e intermodalità collegati alle grandi linee di comunicazione europea e nazionali e per lo sviluppo dei porti del sud”, mentre 1,22 miliardi sono destinati a “Green ports e cold ironing”. Completano il quadro altri 350 milioni per “Digitalizzazione aeroporti e sistemi logistici”.

Nessuna traccia, come ormai preannunciato, del piano di rinnovo delle flotte navali che la ministra De Micheli ha però assicurati agli armatori che si farà «anche prima del Recovery Fund con risorse a legislazione vigente».